L’asparago di Palazzetto

Qualche tempo fa siamo andati a trovare la Renata e Clementino in quel di Palazzetto, una piccola frazione di San Dona’ di Piave, subito al di là dell’argine che costeggia il fiume Piave. La Renata, una donna energica e solare, ci ha presentato il marito, Clementino, che era intento a preparare i mazzi di asparagi (che vanno rigorosamente prenotati con largo anticipo!).

Palazzetto è fatta di poche case, svariati campi e un’osteria (ma questa è un’altra storia). Renata ci ricorda che qui una volta, c’era il lago della Piave; la Repubblica di Venezia infatti, fra i vari lavori idraulici che fece per deviare il corso dei fiumi, fece costruire una serie di “arzerini” (degli argini fissi) che però non trattennero la forza del fiume che invece, forse aiutato da uno o più fenomeni di piena, infranse questi argini e inondò i terreni a valle di Eraclea, formando il cosiddetto Lago della Piave.

Il terreno quindi è un terreno estremamente sabbioso, dalla tessitura grossolana, proprio come piace all’asparago. Ma c’è una caratteristica in più, si dice che ci sia rimasto anche un cuneo salino insinuato dal mare, che rende il terreno ricco di sali; Renata rievoca i suoi ricordi di bambina, di quando nei fossi che correvano fra questi campi, l’acqua era limpida e ricca di schie! Frotte di gamberetti che venivano su dal mare e che la mamma di Renata raccoglieva in abbondanza, per cucinarli con la polenta. Insomma il suolo sembra essere il segreto dietro al gusto dell’asparago di Palazzetto, un vero e proprio terroir dell’asparago, che se ci si sposta qualche centinaio di metri più in là cambia già sapore.

Clementino invece rimane silenzioso, va avanti solerte con il lavoro in campo, ma riusciamo a farci raccontare qualcosa di più sulle asparagiaie. Una pianta d’asparago può vivere circa 20 anni, anche 30, lasciata libera in mezzo alle erbe. Prima va seminata e il primo anno si lascia crescere indisturbata, così la “zampa” si ingrossa un po’, altrimenti se si strappa troppo piccola rischia di morire. Dopo un paio di anni, quando la zampa (il rizoma composto da gemme e radici da cui nasce poi il germoglio) è grossa abbastanza, viene trapiantata all’interno dei solchi che preparati nel campo, circa 4 per un metro. Al terzo anno quindi parte la pianta, ma Clementino ancora la lascia ad ingrossarsi, non vuole rovinare la pianta che ancora è troppo piccola, per cui solo al quarto anno si inizia la raccolta. E qui ci possono essere due strade: la pianta viene lasciata libera di crescere alla luce, per cui i turioni, che sono la parte commestibile, si arricchiscono di clorofilla e diventano verdi, oppure le piante vengono ricoperte con la terra, così che il turione cresca al buio e rimanga bianco.

Bianco o verde che sia, questo asparago rimane particolare per il gusto sapido e deciso che poi troviamo al palato! Gli asparagi di Clementino sono così rinomati che bisogna prenotarli con almeno una settimana di anticipo, perché la produzione familiare è piccolina e fa presto ad andare a ruba fra gli esperti della zona. Anche il concime che usa è rigorosamente biologico, costa 4/5 volte tanto un concime normale, e più che giustamente lo ritroviamo nel valore di questo prodotto, un prodotto assolutamente buono, pulito e giusto (ma specialmente buono!).

La nostra chiacchierata si conclude davanti a una merenda speciale, preparata dalle sapienti mani di Renata, per cui vi lasciamo con questa sua dritta sui tramezzini: asparagi bianchi e verdi a tocchetti, uova di casa e… formaggio di capra locale! Altro che maionese, questi tramezzini, accompagnati con un’ombra di sauvignon, ci lasciano con la voglia di ritornare presto a trovarli!

Se vuoi andare a trovarli, una volta raggiunta località Palazzetto, imbocca via Madonna della Pace e prosegui dritto finché trovi un cartello con scritto “asparagi” sulla destra.

Matilde